I fattori che influenzano la Psicoterapia
Oltre all'efficacia di un determinato approccio terapeutico, ci sono dei fattori che influenzano l'esito della terapia, sia in senso positivo che negativo. Ci sono le variabili legate al paziente, le variabili legate al terapeuta e le variabili legate al processo terapeutico (interazione paziente-terapeuta).
Per quanto concerne le variabili legate al paziente, sono fondamentali le aspettative di aiuto del paziente e il grado del suo impegno (commitment). Le persone che impiegano molte delle loro risorse nel tentativo di raggiungere un buon risultato e che danno la massima importanza a ciò che mettono in gioco durante questo percorso sono destinate ad ottenere migliori risultati di chi invece é poco motivato allo svolgimento della terapia.
Un altro fattore importante é la fiducia che il paziente ripone nel proprio terapeuta. La predisposizione che un individuo ha di comprendere i problemi psicologici propri ed altrui é un'altra caratteristica in grado di influenzare l'esito della terapia. Un altro elemento fondamentale al fine del raggiungimento di buoni risultati terapeutici é sicuramente la motivazione che il paziente mostra nei confronti del percorso intrapreso.
L'esito della psicoterapia, oltre che dalle caratteristiche individuali del paziente, é influenzato anche da variabili legate al terapeuta. Terapeuti che si relazionano con il paziente usando uno stile interattivo, amichevole (friendly) e comunicativo hanno dimostrato di produrre migliori risultati al termine del processo psicoterapico rispetto agli altri. La capacità di mettere a proprio agio il paziente si é rivelata quindi molto importante ai fini di un esito positivo. La supervisione ha una forte influenza sulla terapia rivolta dal clinico al suo paziente. Si tratta infatti di un momento di confronto con una persona più esperta che può dare indicazioni utili al fine del trattamento e che può rappresentare un forte stimolo per la propria crescita personale. La propensione individuale a rivelare aspetti di sé all'altro, chiamata disclosure, può avere effetti positivi sul trattamento. Nel momento in cui il terapeuta fa riferimento a qualcosa di personale durante le sedute, il paziente può avvertire un senso di sollievo e condivisione, rendendosi conto che certe cose succedono a tutti. Importante però é non superare i limiti, rivelando aspetti troppo intimi della propria vita o parlando dei propri problemi. Il benessere psicologico del terapeuta é un'altra variabile correlata positivamente con l'esito della terapia.
Secondo Frank e Frank (1991), i valori, gli atteggiamenti e le convinzioni del terapeuta incidono molto sull'esito della terapia. Gli autori considerano infatti la psicoterapia come “un processo di persuasione interpersonale”, durante il quale le convinzioni e l'ottimismo del terapeuta sono in grado di infondere speranza nel paziente e di fornire un significato credibile alla sua situazione, scoraggiandone il pessimismo e contrastandone la demoralizzazione. Frank e Frank (1991) sostengono inoltre che nessun atto terapeutico sia il risultato di un unico ingrediente, ma sia l'esito di un insieme di fattori. Oltre ai fattori specifici di ogni approccio terapeutico, nella psicoterapia sono presenti alcuni fattori, denominati ingredienti non specifici, che sono stati studiati in maniera approfondita. Questi ingredienti sono: l'attenzione che il terapeuta rivolge al suo paziente, ascoltandolo ed accogliendolo; la disclosure, cioè il rivelare aspetti di sé al paziente; l'arousal, cioè una maggior attivazione emotiva del paziente; l'interpretazione: il terapeuta fornisce al paziente una spiegazione plausibile e accettabile del proprio stato psicopatologico e dell'eziopatogenesi dei propri disturbi; il rituale: ad esempio la frequenza delle sedute (stesso giorno della settimana e stesso orario).
Risulta evidente, quindi, quanto siano importanti questi fattori legati alla personalità sia del paziente che del terapeuta. Ancora una volta emerge che il fattore di cura più importante sia proprio la relazione stessa che viene a definirsi tra paziente e terapeuta ed il tipo di rapporto instaurato. La comprensione, l'ascolto incondizionato e privo di giudizio, l'accogliere i pazienti così come sono, l'alleanza terapeutica, sono questi i fattori più importanti che determinano la risoluzione delle problematiche portate in terapia.
Dott.ssa Francesca Marchionni
La dipendenza affettiva
L’amore rappresenta il bisogno e la capacità di trascendere noi stessi e, insieme ad un altro, di creare una realtà nuova. Talvolta, quando si altera l'equilibrio tra il dare e il ricevere, tra il proprio confine e lo spazio condiviso, l'amore può trasformarsi, invece che in un'occasione di crescita ed arricchimento, in una gabbia senza prospettive di fuga. Questo è quello che succede quando si scivola nella dipendenza affettiva.
La dipendenza affettiva è una forma patologica di amore caratterizzata da assenza cronica di reciprocità nella vita emotiva, in cui l'individuo, “donatore d'amore” a senso unico, vede nel legame con l'altra persona, spesso problematica o sfuggente, l'unico scopo della propria esistenza e il riempimento dei propri vuoti. Chi è affetto da dipendenza affettiva, non essendo autonomo, non riesce a vivere l'amore nella sua profondità e intimità. La paura dell'abbandono, della separazione e della solitudine generano un costante stato di tensione. La presenza dell'altro non è più una libera scelta, ma è vissuta come una questione di vita o di morte: senza l'altro non si ha la percezione di esistere. I propri bisogni e desideri individuali vengono negati e annullati in una relazione simbiotica. La dipendenza affettiva, diversamente da quanto a volte si manifesta all'evidenza, non è un fenomeno che riguarda una sola persona, ma è una dinamica a due.
A volte il partner del “dipendente affettivo” è un soggetto problematico, che maschera la propria dipendenza affettiva con una dipendenza da droga, alcool o gioco d'azzardo. In questo caso i problemi del compagno diventano la giustificazione per dedicarsi interamente all'altro bisognoso, non prendendosi il rischio di condurre un'esistenza per sé. Altre volte la persona amata è rifiutante, sfuggente o irraggiungibile, per esempio sposata o non interessata alla relazione. In entrambi i casi quello che seduce è la lotta: la dipendenza si alimenta del desiderio di essere amati proprio da chi non ci ricambia in modo soddisfacente, e cresce in proporzione al rifiuto, anzi, se non ci fosse quest'ultimo, il presunto amore non durerebbe.
La persona che ha una dipendenza affettiva di solito soffoca ogni desiderio ed interesse individuale per occuparsi dell'altro, ma inevitabilmente viene delusa e il suo amore prende la forma del risentimento. Allo stesso tempo non riesce ad interrompere la relazione, in virtù di ciò che definisce “amare troppo”, non rendendosi conto che questo comportamento distrugge l'amore, che richiede invece autonomia e reciprocità. La posizione paradossale che caratterizza la dipendenza affettiva è: “non posso stare con te” (per il dolore in seguito a umiliazioni, maltrattamenti, tradimenti) “né senza di te”, (per l'angoscia al solo pensiero di perderti). La dipendenza affettiva affonda le sue radici nel rapporto con i genitori durante l'infanzia.
Le persone dipendenti da bambini hanno ricevuto il messaggio che non erano degni di essere amati o che i loro bisogni non erano importanti. Queste persone di solito provengono da famiglie in cui i bisogni emotivi sono stati trascurati in virtù dei bisogni materiali. La crescita copre la ferita, ma la lascia insanata. Generalmente, le persone affette da dipendenza affettiva presentano un attaccamento ambivalente. Sono cresciute con la sensazione di non essere state abbastanza amate dai loro genitori. I genitori dei bambini con attaccamento ambivalente hanno avuto un comportamento incostante e incoerente verso il figlio: a volte erano molto presenti ed affettuosi, altre volte freddi e distratti. Inoltre, in molti casi, l’ attaccamento ambivalente è correlato ad esperienze di trascuratezza. I bambini con attaccamento ambivalente hanno imparato ad attirare la loro attenzione con pianti, capricci,e crisi di collera. Questa difficoltà nel modulare le emozioni ed amplificare le emozioni negative permane anche in età adulta. Le persone con attaccamento ambivalente affrontano ogni relazione con aspettative eccessive e con un continuo bisogno di conferme: vogliono trovare il partner perfetto che li risarcisca delle privazioni affettive subite durante l’infanzia. Purtroppo la loro fame d’amore è tale che tutto quello che il partner può dare o fare per loro non è mai abbastanza. Ogni minima disattenzione del partner è infatti sentita come devastante e dolorosa e tende a mettere in crisi la relazione. Le persone con attaccamento ambivalente vivono tutte le relazioni con la paura dell’abbandono e del tradimento e tendono ad essere dei partner possessivi e gelosi. Sono incapaci di fidarsi e tendono a mettere continuamente alla prova l’altro per vedere se li ama veramente e se è fedele ma, per quante conferme possano ricevere non riescono a convincersi di essere amati.
La dipendenza affettiva può essere considerata a tutti gli effetti come una particolare categoria di disturbo dipendente di personalità, in cui ciò che determina la dipendenza è specificamente la relazione di coppia: il fattore essenziale sotteso a questo disturbo è costituito dal tentativo più o meno inconscio della persona che ne soffre di colmare il vuoto intrapsichico sperimentato e la bassa autostima. Questo tipo di disturbo è inoltre fortemente connesso a un forte deficit nella capacità di gestione e modulazione delle emozioni e nella capacità di stabilire vincoli affettivi significativi con altre persone, a causa di un sottostante modello dell’attaccamento marcatamente insicuro (generalmente di tipo “ansioso-preoccupato” o “ansioso-timoroso”). Trattandosi di una tipologia di disturbo di personalità, come tutte le altre categorie di disturbo di personalità, anche questo tende a mantenere una struttura relativamente stabile e cronica per l’intero arco di vita della persona, a meno che non venga opportunamente trattato con un adeguato intervento psicoterapeutico.
Questo disturbo presenta sintomi vari, che rendono piuttosto difficile la valutazione diagnostica: esso si può accompagnare a una depressione reattiva, a un disturbo ossessivo, oppure anche a un disturbo dell’adattamento, o a un disturbo d’ansia. Nella dipendenza affettiva il dinamismo della personalità è ampiamente governato dalla profonda necessità del partner e dall’intenso timore della perdita e della solitudine, che generalmente finiscono per rendere estremamente difficile e problematico il vincolo affettivo stabilito nella relazione di coppia.
Nelle relazioni amorose le persone con dipendenza affettiva manifestano nei confronti del partner un tipo di attaccamento di tipo “ansioso”, e sono fondamentalmente caratterizzate da: una continua e pervasiva necessità di sapere di essere amate dal loro partner e dall’esigenza di costanti conferme; da notevoli difficoltà a svolgere una vita indipendente; dalla ricerca incessante di un partner potenziale per una relazione affettiva (quando non sono impegnate in una relazione sono generalmente pervase dall’angoscia), e da una scelta generalmente precipitosa dello stesso; da un profondo timore di non essere amate; da intense paure di perdita dell’oggetto del proprio amore e gelosie frequenti; da idee contraddittorie sull’amore e sui propri sentimenti; da grandi difficoltà a rompere la relazione anche quando essa sia altamente problematica e generatrice di malessere per la stessa persona dipendente. Le persone che soffrono di dipendenza affettiva presentano una forte necessità di stare con il partner, un'intolleranza alla solitudine, una bassa autostima, che provoca a sua volta una costante necessità di approvazione da parte degli altri, così pure come un grande timore del rifiuto e dell’esclusione sociale. Inoltre, sono persone che hanno una notevole difficoltà a dire di “no”: si antepongono continuamente i desideri e i bisogni degli altri ai propri.
Dott.ssa Francesca Marchionni
Attaccamento e relazione di coppia: i risultati della ricerca evidence-based
Nel mio elaborato di tesi specialistica universitaria ho presentato una review bibliografica, in cui ho analizzato il rapporto tra lo stile di attaccamento stabilito nell'infanzia con il caregiver ed i legami di coppia che l'individuo stabilirà da adulto. La rassegna bibliografica che ho presentato mi consente di affermare che le esperienze relazionali infantili incidono in modo considerevole nei rapporti futuri. Per sostenere ciò, sono partita dalla teoria dell'attaccamento di Bowlby, specificando appunto cosa sia il legame di attaccamento, ossia la tendenza innata ed autonoma dell'essere umano a ricercare la vicinanza protettiva di una figura ogni volta che si vivano situazioni particolarmente stressanti, traumi o pericoli. Il bambino da questa primissima esperienza infantile formerà i propri schemi cognitivi, che gli consentiranno di rapportarsi con il mondo e relazionarsi con differenti modalità. Questi schemi sono definiti modelli operativi interni, ed hanno un'influenza determinante per la struttura psichica dell'individuo.
L'attaccamento é un legame che si protrae per tutta la vita, ma mi sono concentrata nell'aspetto inerente la costruzione dei legami di coppia e l'influenza che questo ha nella loro formazione e durata. La ricerca sull'amore romantico si avvale di numerosi strumenti di valutazione, principalmente interviste semi-strutturate, come l'AAI, la CRI, l'ASI e l'ISAC, questionari self-report, come ad esempio l'AAS, RQ, ASQ, CA-MIR e QAA; ed infine altri strumenti di valutazione molto validi come l'AMT, la RFF, l'AABQ, l'ECR ed il Marital Q-Sort. Dai dati analizzati, è stato interessante constatare come si formino le coppie. Infatti, gli individui tendono a ristabilire i propri modelli relazionali, secondo una scelta “tra simili” per i soggetti sicuri, ed una scelta “tra opposti” per i soggetti insicuri. I vari matching di coppia a cui potremmo assistere sono: sicuro/sicuro, sicuro/insicuro, insicuro/insicuro, con varie combinazioni all'interno, di cui la più ricorrente è quella che vede il matching distanziante/preoccupato.
Gli individui sicuri sono quelli che mostrano di avere relazioni maggiormente soddisfacenti e gratificanti, in cui è presente fiducia reciproca, maggiore negoziazione e complementarietà e, nel caso di rottura del legame, sono fiduciosi di poter trovare un altro partner che li renda felici. Gli individui insicuri, invece, hanno rappresentazioni tendenzialmente negative nei confronti degli altri e tendono a persistere in relazioni problematiche ed insoddisfacenti, poiché adattati all'interno di dinamiche “collusive”, dalle quali non riescono a fuoriuscire. Gli insicuri evitanti manifestano una paura dell'intimità che li renda troppo legati al partner, hanno poca fiducia nella relazione, stentano a credere che possa durare e tendono di più rispetto agli ambivalenti/preoccupati ad una promiscuità sessuale. Infine gli ansiosi/ambivalenti vivono rapporti molto intensi e tormentati, ricchi di controversie, in cui spesso manipolano il partner mediante una gelosia ossessiva e morbosa, che si ripercuote ovviamente sulla relazione in modo negativo. Temendo eccessivamente l'abbandono mettono in atto una serie di comportamenti disadattivi che effettivamente porteranno fine al legame.
Ma cosa determina la soddisfazione all'interno di una coppia?! Un costrutto definito adjustment, il quale valuta la felicità o infelicità percepita all'interno della coppia. I parametri che lo definiscono sono: le risorse personali e sociali, come la salute fisica di entrambi, i fattori sociali ed economici, il livello di educazione, le abilità comunicative, una rete sociale di riferimento; le gratificazioni provenienti dalle interazioni con il partner, ovvero l'attrazione fisica, sessuale, mentale, l'adattamento nella relazione; ed infine la soddisfazione per il proprio stile di vita, cioé le risorse materiali ed il reddito finanziario.
Le ricerche sull'interazione tra rappresentazioni dell'attaccamento e processi di regolazione affettiva possono essere distinte in variabili relative ai processi cognitivi e variabili relative ai processi affettivo-emotivi. Le variabili relative ai processi cognitivi sono: i processi di attribuzione e valutazione, la percezione del supporto e del conflitto, le credenze e gli standard. Le variabili relative ai processi affettivo-emotivi sono: la vicinanza, l'intimità e l'apertura all'altro, i livelli di impegno e coinvolgimento nella relazione e gli indicatori di buon funzionamento individuale. Sembra che gli stili di attaccamento condizionino non soltanto l'adattamento individuale, ma anche la durata ed il funzionamento di una relazione di coppia.
Dalle ricerche emerge che i soggetti sicuri hanno una probabilità maggiore di quelli insicuri di arrivare a strategie di compromesso, hanno relazioni più durature rispetto ai soggetti insicuri e sono maggiormente in grado di fronteggiare periodi stressanti con il partner o affrontare insieme le difficoltà. Ciò emerge soprattutto nell'espressione delle emozioni: sembra che gli individui insicuri tendano ad esprimere maggiormente la rabbia disfunzionale ed inappropriata quando si trovano in conflitto con il partner, esasperando le emozioni negative in modo disfunzionale e disadattivo. Gli insicuri ansiosi/ambivalenti inoltre tendono più di tutti a provare un'eccessiva gelosia nei confronti del partner, a sperimentare una sorta di amore “patologico”, comportandosi in modo soffocante e morboso, offrendo più cure di quelle che effettivamente il partner richiede.
Sarebbe interessante, per le prospettive future, poter constatare se lo stile di attaccamento di uno dei due partner possa incidere sullo stile di attaccamento dell'altro, a prescindere dagli stili di attaccamento individuali di cui ognuno dei due é portatore.
In conclusione, suggerisco di analizzare il legame presente fra padre e figlia e figlia e partner, per vedere quali dinamiche intervengono nella scelta di coppia a partire dal rapporto instaurato con il padre durante l'infanzia. Talvolta infatti si tende a cercare una figura “sostitutiva” del padre oppure qualcuno che sia l'esatto opposto. Inoltre, secondo me sarebbe molto interessante vedere se lo stile di attaccamento di una persona insicura possa mutare in stile di attaccamento sicuro dopo l'instaurarsi di una relazione molto positiva e soddisfacente con un partner sicuro o viceversa; cioé se una persona sicura può diventare insicura a seguito di una relazione molto sofferta e problematica.
Dott.ssa Francesca Marchionni