I matching di coppia
Quando si parla di coppia, é importante sottolineare che sono presenti varie tipologie di combinazioni di stili di attaccamento di cui ogni partner é portatore all'interno della relazione amorosa. Fisher & Crandell (2001) hanno descritto le varie tipologie di “matching” di coppia, mettendo in evidenza la combinazione di vari stili di attaccamento fra due partner e come essi interagiscono all'interno della relazione. Infatti, a seconda dello stile di attaccamento di cui ognuno è portatore si vengono a costituire diverse qualità di relazione, che incidono sulla durata e sulla riuscita del legame.
Innanzitutto, i due autori illustrano il matching sicuro/sicuro: questo rapporto è caratterizzato da flessibilità emotiva ed interdipendenza e consente ad entrambi i partner di offrire e di ricevere cure. Lo stato mentale sicuro tende ad esprimersi con modalità relazionali che si basano su riflessività e coerenza, ed i partner sono più inclini ad affrontare il tema degli affetti positivi e negativi con consapevolezza e realismo, avendo la capacità di effettuare una buona regolazione affettiva. La coppia appare dunque bilanciata ed i due partner si compensano vicendevolmente. Qualora la relazione non funzionasse più, il partner sicuro è maggiormente in grado di porre fine alla storia insoddisfacente, poiché è certo che potrà trovare un partner più idoneo a lui e che sarà in grado comunque di renderlo felice (Fisher & Crandell, 2001).
Il matching sicuro/insicuro – insicuro/sicuro dà origine ad una relazione di coppia potenzialmente correttiva per il partner insicuro, poiché il partner sicuro porta all'interno della relazione l'impegno, la flessibilità e l'apertura verso l'altro. Generalmente queste coppie funzionano maggiormente se é il partner maschile ad essere sicuro (Fisher & Crandell, 2001).
Il matching insicuro/insicuro: in queste coppie il livello di insoddisfazione è generalmente molto alto, ci sono frequenti conflitti e problemi, poiché entrambi i partner sono ben assestati nei loro modelli di attaccamento disadattivi che compromettono la buona riuscita della relazione (Fisher & Crandell, 2001).
Fisher & Crandell individuano tre diversi tipi di matching dei modelli insicuri: distanziante/distanziante, preoccupato/preoccupato e distanziante/preoccupato. Nel primo, ovvero quello distanziante/distanziante i bisogni di protezione, accudimento e cure sono negati, l'espressione delle emozioni negative è soppressa e controllata ed i due partner rivendicano molto la loro indipendenza ed autonomia. Questa relazione, però, può essere ben assestata e di lunga durata. Nel matching preoccupato/preoccupato i partner eccedono nella richiesta di attenzioni e di cure, sono esagerati nell'espressione delle emozioni, appaiono morbosi l'un con l'altra e possono andare incontro a numerosi conflitti e problemi. Nel matching distanziante/preoccupato, infine, è presente una forte conflittualità e difficoltà a sincronizzarsi l'un con l'altra, poiché generalmente è il partner preoccupato ad avvertire un forte grado di insoddisfazione, reclamando maggiori attenzioni che però non percepisce dal partner distanziante, il quale attribuisce tutti i problemi della relazione al partner preoccupato, non essendo spesso in grado di percepirne i reali bisogni. Il senso di sicurezza percepita é davvero basso e di solito sono proprio queste ultime coppie quelle che richiedono maggiormente una psicoterapia. Gli uomini distanzianti, infatti, evitano le emozioni negative e quindi sfuggono il conflitto, reprimono la rabbia, appaiono freddi, al contrario delle partner preoccupate, ma queste relazioni spesso sono più comuni di quanto si pensi, poiché ci si adatta ad una modalità sofferta di rapporto (Clulow, 2001).
I modelli di attaccamento male assortiti possono essere anche relativamente stabili, infatti, a differenza di quanto si possa pensare, spesso le relazioni più problematiche si assestano su strategie “disfunzionali” che possono, entro certi limiti, trovare un loro equilibrio e risultare quindi caratterizzate da una certa continuità (Carli et al., 2009). Questo aspetto é solo in apparenza incongruente e già Bowlby sottolineava che la forza dei legami non dipende dalla qualità positiva o felice della relazione (Bowlby, 1980), per cui i partner insicuri possono sentirsi fortemente legati (seppure in modo insicuro) ai loro partner di attaccamento e ciò consente loro di confermare i modelli operativi costruiti nel corso dello sviluppo e l'insieme delle aspettative e delle attese che hanno implicitamente formulato rispetto agli altri e alle relazioni (Brumbaugh & Fraley, 2006; Mikulincer & Shaver, 2007). I soggetti sicuri, invece, avendo sviluppato un insieme di rappresentazioni positive nei confronti degli altri ed una sufficiente autostima, possono interrompere una relazione se le attese verso il partner e verso il legame vengono meno o sono meno corrisposte, fiduciosi che troveranno un rapporto nuovamente soddisfacente (Bartholomew, Henderson e Dutton, 2001). Per dare ragione di questo aspetto, bisogna tener presente che l'attaccamento non spiega tutti gli aspetti della relazione amorosa e che gli altri sistemi motivazionali, ossia quello della sessualità e del prendersi cura, incidono in modo significativo sulla qualità della relazione romantica (Shaver, Hazan e Bradshaw, 1988; Mikulincer & Goodman, 2006), tanto che un soggetto pur vivendo, apparentemente, un legame di attaccamento “accettabile” con il partner di lunga data può decidere di chiudere il rapporto se sente di non essere in sintonia con il compagno/a circa l'importanza attribuita agli altri sistemi motivazionali (Carli et al., 2009).
Dott.ssa Francesca Marchionni
Stili di attaccamento e sessualità
Un altro aspetto che é stato indagato riguardo l'incidenza dello stile di attaccamento sulla vita degli individui e sulla coppia, é stato quello che riguarda la sfera sessuale. A questo proposito lo studioso M.Eagle (2007) ha effettuato una ricerca e le sue asserzioni principali, così come appaiono nel suo articolo “attaccamento e sessualità” sono:
1- l’attaccamento e la sessualità sono due sistemi funzionalmente distinti;
2- non solo sono funzionalmente distinti ma operano in maniera antagonista.
E' emerso che gli stili di attaccamento contribuiscono a minimizzare o viceversa ad amplificare la scissione tra amore e desiderio. Più nello specifico, l’attaccamento insicuro, paragonato a quello sicuro, è associato a una più alta probabilità di scissione tra amore e desiderio. In primo luogo, per quanto riguarda la separazione funzionale tra i sistemi dell’attaccamento e della sessualità, come ha notato Holmes (2001) non è infrequente osservare come due partner possano essere intensamente legati l’uno all’altro in assenza di interesse sessuale oppure possano sentirsi estremamente attratti sessualmente l’uno dall’altro senza fungere reciprocamente da figura di attaccamento. Questo tipo di osservazioni ha portato Fonagy et al. (2001) a sostenere che l’attaccamento e la sessualità sono separati o tutt’al più blandamente associati. Un’ipotesi ragionevole è, secondo Diana Diamond (2003), che il desiderio «è governato dal sistema sessuale dell’accoppiamento» la cui meta è la riproduzione, mentre l’amore «è governato dal sistema dell’attaccamento o del legame (…) la meta del quale è il mantenimento di un’associazione durevole» che ha per finalità la sopravvivenza della specie. La Diamond (2003) presenta l’idea che il legame di coppia o di attaccamento adulto non si sviluppino originariamente nel contesto dell’accoppiamento sessuale, ma “sfruttino” il già esistente sistema di attaccamento neonato-caregiver per il nuovo scopo di mantenere un’associazione durevole tra partner adulti in grado di riprodursi.
In altre parole, è primariamente l’attaccamento, non il sesso, che tiene unite a lungo le coppie adulte. Affinché qualcuno divenga una figura di attaccamento è necessario che sia familiare e abbia un comportamento prevedibile. Tratti come la novità, la non familiarità e l’imprevedibilità sono incompatibili con la funzione di figura di attaccamento. Non ci si lega con una persona nuova e sconosciuta (Eagle, 2007). Dall’altra parte, sembra che l’eccitazione sessuale venga ridotta dalla familiarità e dalla prevedibilità e intensificata dalla novità, dalla non familiarità e dalla diversità. Tuttavia, a dispetto dell’apparente antagonismo intrinseco tra attaccamento e sessualità, almeno nella nostra cultura la figura di attaccamento di un adulto è la maggior parte delle volte anche il suo partner sessuale. Come figura di attaccamento, è necessario che il proprio partner sia familiare, prevedibile e disponibile. Ma vi sono molte prove che indicano che spesso la prevedibilità, la familiarità e la disponibilità attenuano l’intensità dell’interesse e dell’eccitazione sessuali (Eagle, 2007). Affinché una coppia stia insieme e desideri stare insieme, i fattori del supporto emotivo e dell’affetto reciproco devono essere abbastanza forti da salvaguardare la relazione. In altri termini, la relazione si sposta dall’essere primariamente di tipo sessuale a diventare una relazione di attaccamento. Questo non vuol dire che l’attrazione e la soddisfazione sessuali non svolgano più un ruolo all’interno della relazione. Benché possano svolgere un ruolo minore, esse continuano a sorreggere la relazione.
Di fatto, la miglior ricetta per una relazione durevole e soddisfacente è molto probabilmente una combinazione di persistente attrazione fisica (anche se non così intensa come durante la prima fase) e di soddisfazione sessuale e l’istaurarsi di un vicendevole attaccamento (Eagle, 2007). Come sottolineano Hazan & Zeifman (1994), l’attrazione sessuale è spesso ciò che avvicina due adulti e crea lo scenario per l’istaurarsi di un durevole legame affettivo. Tuttavia, come hanno mostrato molti studi, il sesso è più importante all’inizio di una relazione, mentre col passare del tempo divengono sempre più rilevanti il supporto emotivo e altri fattori simili. Vi sono anche evidenze empiriche che identificano in due anni circa il tempo necessario affinché siano operative nella relazione tutte le maggiori componenti dell’attaccamento (cioè la ricerca di vicinanza, la protesta per la separazione, il rifugio sicuro e la base sicura). Una possibile interpretazione di ciò è che l’attrazione sessuale tiene insieme due individui abbastanza a lungo da fornire loro l’opportunità di formare un forte legame emotivo. Ma la durata della relazione sarà in gran parte determinata dalla capacità della coppia di preservare il legame emotivo a dispetto del ruolo relativamente limitato dell’attrazione sessuale.
Una grande mole di studi suggerisce che la responsività governata dall’attenzione e dall’interesse, e non l’attrazione fisica, sia il miglior predittore della longevità di una relazione (Eagle, 2007). M.Eagle (2007) avanza l’ipotesi che quanto più la relazione di attaccamento primaria è rimasta irrisolta, cosa caratteristica dell’attaccamento insicuro, tanto più si reagirà al partner come a un sostituto materno e quindi tanto meno si sarà capaci di vivere il partner come figura sessuale. E al contrario, quanto più si è stati capaci di risolvere la relazione di attaccamento precoce, tanto meno la relazione attuale sarà “contaminata” da reazioni e modelli passati. E’ senza dubbio infatti che nel corso dello sviluppo normale trasferiamo progressivamente il nostro attaccamento dai genitori ai coetanei, processo che generalmente culmina nell’eleggere il partner a figura di attaccamento primaria. Vi sono prove che questo passaggio avviene in modo graduale e che coinvolge una sequenza di fattori di attaccamento. Così, prima avviene un cambiamento nella ricerca di vicinanza: generalmente gli adolescenti e i giovani adulti preferiscono trascorrere più tempo coi coetanei che coi genitori. La protesta per la separazione è il fattore successivo a “entrare in azione”, seguito dal rifugio e dalla base sicura (Eagle, 2007). Vi sono evidenze empiriche che mostrano che occorrono circa due anni affinché tutte e quattro le componenti entrino pienamente in azione in una relazione amorosa (Hazan & Zeifman, 1994). M.Eagle (2005) suggerisce che tale traslazione avvenga in maniera più problematica in individui con uno stile di attaccamento insicuro. Dato che è più probabile che gli individui con uno stile di attaccamento sicuro abbiano risolto i problemi di attaccamento con i genitori e abbiano compiuto il passaggio evolutivo dai genitori al partner attuale come figura di attaccamento, essi saranno meno inclini a paragonare inconsciamente il partner a una figura genitoriale e perciò a reagire al partner sul piano sessuale come se fosse un oggetto proibito. Al contrario, gli individui evitanti e invischiati/preoccupati reagiscono al partner attuale come se fosse una figura genitoriale. Prendendo in considerazione lo stile evitanteo, il fatto che un individuo continui a essere evitante nei confronti del partner attuale suggerisce fortemente che egli continui a reagire in maniera difensiva, come se stesse vivendo il partner come rifiutante e/o intrusivo, allo stesso modo con cui ha sperimentato le figure genitoriali primarie. Ci si dovrebbe aspettare che l’individuo con uno stile di attaccamento evitante abbia grandi difficoltà a integrare la sessualità e l’attaccamento. E infatti vi è un gran numero di evidenze empiriche che suggeriscono che gli individui con attaccamento insicuro tendono a separare le emozioni sessuali da quelle relative all’attaccamento (Eagle, 2007).
Per esempio Feeney & Noller (1990) hanno osservato che gli studenti universitari classificati come evitanti sono più inclini ad approvare le relazioni multiple, un limitato impegno e coinvolgimento e l’utilizzo del sesso per divertimento piuttosto che come espressione di profondità emotiva. Inoltre sono più predisposti ad essere gelosi dell’infedeltà sessuale piuttosto che di quella emotiva (Feeney & Noller, 1990). Pertanto, gli individui evitanti sembrano essere caratterizzati da una difficoltà a instaurare e mantenere un legame di attaccamento e da un relativo scollamento tra sesso e attaccamento – entrambi fattori non particolarmente favorenti la longevità di una relazione romantica.
Nonostante mostrino uno stile di attaccamento diverso rispetto agli evitanti, anche gli individui invischiati/preoccupati tendono a reagire al partner attuale come se fosse una figura genitoriale. Si aspettano cioè incoerenza nella disponibilità della figura di attaccamento attuale così come succedeva con la figura genitoriale primaria. Pertanto, come gli individui evitanti, nella misura in cui compiono un’identificazione inconscia tra il partner e la figura genitoriale, anche loro incontreranno maggiori difficoltà a integrare sessualità e attaccamento e soffriranno di angosce di abbandono. Tra le prove a sostegno di questa ipotesi vi è il riscontro che gli individui invischiati/preoccupati, più degli evitanti, riferiscono di cercare sostegno da un'altra figura piuttosto che dal partner, di avere intense e frequenti esperienze amorose, di essere soggetti a un rapido coinvolgimento, di innamorarsi con maggior frequenza e di vivere maggiormente esperienze di “amore a prima vista” (Feeney & Noller, 1990).
Chi ha uno stile invischiato/preoccupato enfatizza l’attaccamento “a discapito” della sessualità. In altre parole, il comportamento e l’esperienza sessuale di chi ha uno stile invischiato/preoccupato sembrano essere ampiamente al servizio del ripetuto tentativo di essere rassicurato che non verrà abbandonato. Una prova interessante a supporto di tale ipotesi è che, a differenza di chi ha un attaccamento sicuro che riferisce un livello di soddisfazione nella propria relazione romantica abbastanza stabile, il livello di soddisfazione riferito dagli individui invischiati/preoccupati tende a variare in base al fatto che abbiano o meno avuto una recente interazione sessuale col partner. Per loro, l’interazione sessuale sembra svolgere una funzione rassicurante (Eagle, 2007).
Dott.ssa Francesca Marchionni
La funzione paterna come base sicura ed antidepressiva
Nella prima infanzia un compito fondamentale del padre è quello di favorire le condizioni perché la relazione tra madre e bambino si sviluppi e si mantenga in modo adeguato. Questo avviene in primo luogo occupandosi di problemi di ordine pratico: garantire una dimora comoda e sicura, procurare il cibo e altri beni necessari, proteggere il nucleo familiare nel rapporto con l’ambiente esterno. Questi compiti sono condivisi dalla maggior parte dei primati. Una seconda funzione maschile di straordinaria importanza, per lungo tempo sottovalutata e solo recentemente oggetto di ricerche, è quella di proteggere la propria compagna nei periodi di cambiamento psicofisico in cui è maggiormente esposta a problemi emotivi, particolarmente alla depressione. Questi momenti cruciali sono fondamentalmente due: il primo è quello relativo alla gravidanza e ai primi mesi dopo il parto, il secondo coincide con l’adolescenza e l’emancipazione dei figli. In questi due momenti le donne sono maggiormente esposte a difficoltà emotive e reazioni di carattere depressivo legate non solo ai mutamenti fisici e ormonali, ma anche ai cambiamenti del proprio ruolo sessuale femminile di donna e di madre.
La funzione del maschio, in questi casi, è quella di aiutare la propria compagna a superare le difficoltà mantenendo la sofferenza e la problematicità a livelli tollerabili (Baldoni, 2004). Sappiamo, infatti, che durante la gravidanza e nei primi mesi successivi alla nascita del bambino sono frequenti le reazioni emotive di carattere depressivo, che possono andare alla semplice disforia post-partum o maternity blues (un’alterazione transitoria dell’umore che si manifesta nel 60-70% delle puerpere nei giorni immediatamente successivi al parto) fino alle vere e proprie depressioni post-partum. Le modificazioni corporee dovute alla gravidanza e al parto e i cambiamenti ormonali legati alla montata lattea svolgono sicuramente un ruolo importante nel favorire lo sviluppo di queste reazioni emotive. Winnicott parlava di preoccupazione materna primaria (1956) e riteneva che se questa condizione si fosse manifestata al di fuori della maternità sarebbe stata considerata uno stato psichiatrico, mentre nei primi mesi dalla nascita del bambino è uno stato fisiologico e normale di regressione utile per l’accudimento del bambino. In questi momenti, la funzione del maschio sembra essere quella di fornire alla propria compagna supporto emotivo e sicurezza proteggendola da un’eccessiva sofferenza psicologica. Questa funzione antidepressiva può essere interpretata in termini di base sicura.
I padri preoccupati, troppo emotivi o depressi possono, quindi, costituire uno svantaggio per l’equilibrio emotivo della propria compagna e per il buon andamento del rapporto tra madre e bambino (Luca, Bydlowsky 2001). Questo deve fare riflettere, in quanto una tendenza attuale della nostra società è quella di valorizzare nei padri lo svolgimento di funzioni sostanzialmente materne, come l’accudimento fisico del bambino, l’alimentazione o il cambio del pannolino. E’ sempre più frequente assistere, durante la gravidanza, alle manifestazioni preoccupate e ansiose dei padri che in alcuni casi arrivano ad accusare sensazioni corporee e disturbi simili a quelli della moglie (fenomeno noto come “sindrome della couvade”). Questi atteggiamenti, simili per certi aspetti alla condizione di “preoccupazione materna primaria” descritta da Winnicott, quando si manifestano nel maschio dovrebbero essere considerati con preoccupazione, in quanto pregiudicano la funzione maritale e paterna di base sicura.
Un altro periodo molto delicato della vita della madre è quello dell’adolescenza e della graduale emancipazione dei figli dal nucleo familiare. Anche in questo momento il ruolo del compagno si rivela importante. La madre deve saper rinunciare alla funzione svolta durante l’infanzia e prepararsi a vedere il figlio uscire dalla famiglia. La funzione paterna, in questo caso, non è solo quella di sostenere il giovane in questo processo (fornendogli una base sicura), ma anche di proteggere la moglie dalla depressione legata alla perdita della propria funzione materna e al cambiamento concomitante del proprio ruolo affettivo e sessuale. Un padre troppo invadente e protettivo, che si sovrappone alle preoccupazioni materne aggravandole, può limitare il processo di separazione dalla madre e l’autonomizzazione del figlio, favorendo nella propria compagna un’elaborazione di tipo depressivo di questa fase del ciclo vitale (Baldoni, 2004). Ancora una volta fattori di carattere psicologico e biologico si intrecciano (bisogna infatti ricordare che questo periodo coincide in molte donne con l’inizio della menopausa) (Baldoni 2003). L’uomo deve sapere aiutare madre e figlio a separarsi psicologicamente e ricondurre amorevolmente la propria compagna all’interno di un rapporto di coppia in cui possa di nuovo sentirsi valorizzata. (Baldoni, 2004).
Dott.ssa Francesca Marchionni